SISTEMI DI ALLERTA E ASSETTI ORGANIZZATIVI: UN ESEMPIO CONCRETO – Parte 2 di 2

SISTEMI DI ALLERTA E ASSETTI ORGANIZZATIVI: UN ESEMPIO CONCRETO – Parte 2 di 2

In precedente scritto ci si è già addentrati sul concetto di assetto organizzativo, amministrativo e contabile previsto dal novellato art. 2086 del Codice civile, in particolare tratteggiando le modalità di concreta costruzione del modello.

Come già illustrato, si tratta di predisporre delle regole organizzative atte a generare in maniera sistematica e tempestiva dei flussi di informazioni che consentano all’organo amministrativo di avere sotto costante controllo l’andamento della gestione, lo stato di salute aziendale ed ottenere basi conoscitive idonee a prendere decisioni appropriate.

 

Il modello organizzativo di allerta deve individuare un’ampia ed opportuna casistica di fattori quali-quantitativi da monitorare, idonei a far emergere i sintomi di una eventuale crisi e/o la perdita della continuità aziendale, assegnando specifici compiti a reparti e figure interne e/o consulenziali, nominando appositi responsabili e stabilendo le necessarie tempistiche da rispettare.

Alla luce degli equivoci che talvolta si riscontrano sull’argomento, è bene precisare che il controllo degli indicatori della crisi elaborati dal Cndcec costituisce solo una limitatissima parte degli aspetti che è necessario monitorare, come ben chiarito anche dalle note metodologiche presentate dallo stesso Consiglio Nazionale.

 

Tornando ora all’esempio concreto di assetto organizzativo, poiché la norma civilistica in argomento prevede che sia adeguato alla natura e alla dimensione dell’impresa, nel precedente intervento era stata presa a riferimento una impresa definibile medio-ordinaria, intendendo per tale, ad esempio, una società che superi i nuovi limiti dimensionali previsti per la nomina dell’organo di controllo: il modello potrà poi essere opportunamente semplificato per le imprese più piccole e invece adeguatamente potenziato per quelle di maggiori dimensioni.

 

Ciò premesso, questo è il perimetro delle aree che, come minimo, il sistema organizzativo di allerta preventiva dovrebbe prevedere e regolamentare:

1.      il costante aggiornamento delle scritture contabili;

2.      la periodica chiusura di bilanci provvisori infrannuali;

3.      la sistematica verifica dell’equilibrio economico-finanziario;

4.      l’accertamento della sussistenza della continuità aziendale;

5.      la verifica dell’eventuale esistenza di indicatori della crisi;

6.      la predisposizione di un budget d’esercizio e di un piano di tesoreria;

7.      l’elaborazione di un business plan;

8.      l’analisi dei pagamenti a fornitori;

9.     l’analisi dei pagamenti di debiti erariali e contributivi;

10.   il monitoraggio dei rapporti con il sistema bancario;

11.   una seria analisi dei rischi aziendali (Risk Management);

12.   la periodica assegnazione finale, al termine delle suddette analisi, della classe di rischio dell’impresa.

Sulla base della classe di rischio in cui ricadrà l’impresa verrà decisa la frequenza e periodicità di tali monitoraggi.

 

Ancora più nello specifico, qui di seguito viene fornito un esempio delle possibili procedure da istituire. A livello operativo il sistema potrebbe essere formalizzato, specie nelle imprese più strutturate, in un apposito Manuale emanato e/o approvato dal C.d.A., con modalità analoghe a quelle adottate, con i dovuti distingui, ai fini della legge 231/01.

Per le imprese minori si potrebbe invece procedere tramite una delibera dell’organo amministrativo che contenga nel dettaglio le regole organizzative da istituire, del seguente tenore:

……… L’art. 2086 del Codice Civile ed anche l’art. 3 del Codice della crisi d’impresa, prevedono l’obbligo per le imprese di adottare misure ed assetti organizzativi finalizzati alla tempestiva rilevazione di una eventuale crisi d’impresa e alla pronta adozione di idonee iniziative per la sua soluzione.

In adempimento a tale norma, con delibera del Consiglio di Amministrazione del XX è stato deciso di implementare le seguenti procedure organizzative:

PROCEDURE FINALIZZATE ALLA PRODUZIONE DI ADEGUATI FLUSSI INFORMATIVI PER LA TEMPESTIVA VALUTAZIONE DEI SINTOMI DELLA CRISI E LA PERDITA DELLA CONTINUITA’ AZIENDALE

1)     aggiornamento delle scritture contabili: all’ufficio contabilità viene assegnato il compito di aggiornare le registrazioni contabili, incluse le movimentazioni finanziarie, entro il giorno 20 del mese successivo a quello di riferimento. Il controllo del rispetto di tale scadenza è affidato al responsabile dell’ufficio contabilità;

2)     chiusura di bilanci provvisori infrannuali: al responsabile amministrativo viene assegnato il compito di predisporre e consegnare al C.d.a. (o il consigliere all’uopo delegato), entro venticinque giorni dalla fine di ciascun trimestre contabile, un bilancio provvisorio infrannuale corredato delle scritture di integrazione ed assestamento;

3)     verifica dell’equilibrio economico-finanziario e della continuità aziendale:  entro venticinque giorni dalla chiusura di ciascun trimestre contabile il responsabile finanziario è tenuto:

a)     a richiedere a Banca d’Italia la più recente Centrale Rischi e a valutare l’esistenza di eventuali criticità in essa contenute, anche attraverso l’ausilio di specifici software a ciò dedicati;

b)     ad applicare un adeguato cruscotto di indicatori quali-quantitativi idonei a valutare il principio di continuità aziendale (going concern) alla luce del principio di revisione Isa 570;

c)      ad accertare l’equilibrio economico-finanziario e la probabilità di default della Società, sulla base di strumenti diagnostici idonei alla valutazione del merito creditizio aziendale;

d)     a verificare, attraverso appositi software, la non sussistenza degli indicatori della crisi emanati dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili ai sensi dell’art. 13 del Codice della crisi;

e)      a trasmettere al C.d.a. i risultati delle suddette analisi;

4)     budget d’esercizio e analisi scostamenti:

a)     è compito del C.d.a. elaborare, con l’ausilio di affidabili software a ciò dedicati, ed approvare entro il 31.12, il budget dell’esercizio successivo, nella sua completa dimensione economica, patrimoniale e finanziaria, incluso un budget di cassa mensile  e/o budget di tesoreria relativo ad almeno i successivi sei mesi;

b)     il responsabile finanziario è tenuto ad effettuare, entro venticinque giorni dal termine di ciascun trimestre contabile, l’analisi degli scostamenti tra i dati previsionali e quelli consuntivi, aggiornare il budget di cassa/tesoreria relativamente ad almeno i successivi sei mesi, e trasmettere i risultati al C.d.a. per le valutazioni del caso e la eventuale riformulazione del budget aziendale;

5)     business plan: il C.d.a. è tenuto all’elaborazione, attraverso l’uso di specifici software, di un completo business plan quinquennale quale strumento di orientamento delle decisioni direzionali in presenza di significativi piani investimenti e/o rilevanti nuove strategie aziendali;

6)     pagamenti: il responsabile finanziario è tenuto ad informare prontamente il C.d.a. qualora  si verifichino:

a)      sconfinamenti di conto corrente, a meno che abbiano natura occasionale e prevedibilmente non ripetibile;

b)      mancato pagamento entro i termini previsti e a causa di indisponibilità finanziarie di: debiti di fornitura; debiti erariali; debiti rateali (mutui, leasing, ecc.); similari;

c)       eventi pregiudizievoli intervenuti a carico della società di qualsiasi natura e ragione (inclusi decreti ingiuntivi infondati e similari);

7)     analisi dei rischi: il Sig. XXX viene nominato Risk Manager, con il compito di:

a)     individuare e analizzare i potenziali rischi in cui può  incorrere l’impresa;

b)     proporre le forme di possibile loro mitigazione, anche assicurativa;

c)      monitorare i rischi più rilevanti;

d)     riferire ogni tre mesi al C.d.a.;

8)     Valutazione finale della classe di rischio dell’impresa: entro trenta giorni dal termine di ciascun trimestre contabile, il C.d.a., anche attraverso propri incaricati e specifici software, esaminerà tutti i flussi informativi come sopra ricevuti, e valuterà la classe di rischio in cui ricade l’impresa.“

 

Queste regole possono ad esempio essere adatte in presenza di un basso livello di rischio dell’impresa. Tuttavia la delibera e/o il Manuale approvati dall’organo amministrativo dovranno sin da subito definire anche le procedure relative ai casi:

–        peggioramento, nel tempo, della classe di rischio;

–        emersione di indicatori della crisi.

 

In generale, i segnali che stanno provenendo dal mondo delle imprese sono molto confortanti. Ciò che si constata nella pratica professionale è in linea con gli esiti del sondaggio promosso recentemente da PwC Tls: la maggioranza delle imprese intervistate considera le novità introdotte dalla normativa un occasione per migliorare il controllo di gestione e la pianificazione economico-finanziaria, e non un mero aggravio burocratico.

Si aprono, pertanto, significative opportunità per il mercato della consulenza direzionale, specie per quelle strutture specializzate sulle peculiarità delle piccole e medie imprese, in grado cioè di offrire strumenti adatti alle loro specifiche esigenze.

Alessandro Scaranello

Dottore Commercialista dell’Ordine di Rimini – specializzato in Economia e Finanza d’impresa

Ufficio Studi di Net Consulting srl

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