LA VALUTAZIONE DI AZIENDE E QUOTE CON IL METODO REDDITUALE

LA VALUTAZIONE DI AZIENDE E QUOTE CON IL METODO REDDITUALE

PREMESSA

La legge di bilancio 2024 ha riaperto i termini per la rivalutazione delle partecipazioni societarie non quotate, con applicazione di un’imposta sostitutiva del 16% da versarsi entro il 30 giugno 2024. Entro tale data deve essere anche redatta la relativa perizia. Non vengono fornite indicazioni in merito al metodo di valutazione da adottare, la cui scelta, ponderata e motivata, è quindi demandata al professionista.

Fra i vari metodi di valutazione d’azienda un ruolo di rilievo, sia per diffusione che per supporto teorico, è rivestito dal metodo “reddituale puro”.

Tale metodo esprime il valore dell’azienda in funzione della sua capacità prospettica di produrre flussi di reddito. Consiste in un approccio Equity side che conduce direttamente alla determinazione dell’Equity, ed è basato sulla capitalizzazione del “reddito netto distribuibile di lungo periodo” ad un tasso espressivo del costo-opportunità dei mezzi propri (PIV III.I.31).

Le valutazioni reddituali sono in assoluto preferibili nelle situazioni aziendali con alto livello di stabilizzazione dei flussi di risultato economici (PIV III.I.32), quindi realtà stabili e mature nelle quali non sia prevista una crescita che richieda nuovi investimenti fissi o di circolante. Sono altresì adatte in realtà caratterizzate da scarso fattore patrimoniale e assenza di particolari problemi finanziari.

 

IL REDDITO NORMALIZZATO

Il reddito da assumere deve essere un reddito medio normalizzato.

Nella prassi si tende a considerare i risultati conseguiti nei più recenti anni (ad esempio tre) e una stima di quelli che presumibilmente verranno realizzati nell’immediato futuro.

Per le imprese a regime, consolidate nel tempo, il reddito sostenibile di lungo periodo è spesso stimato normalizzando i risultati del periodo più recente e introducendo aggiustamenti necessari per tenere conto delle condizioni future (PIV III.I.31).

La normalizzazione dei flussi di risultato economici, storici e prospettici, consiste nel depurarli da ogni elemento distorsivo, al fine di ricostruire il più appropriato valore del “reddito sostenibile di lungo periodo”.

Ad esempio, possono essere oggetto di riallineamento i componenti di natura eccezionale o difficilmente ripetibili, gli ammortamenti che non riflettono la vita residua dei cespiti, i compensi agli amministratori che non siano in linea con i valori di mercato, i componenti di reddito  afferenti i capitali accessori, ecc..

Al termine della normalizzazione occorre infine valutare l’effetto fiscale, sui redditi d’esercizio esaminati, delle rettifiche apportate.

 

IL TASSO DI ATTUALIZZAZIONE

Quale tasso di attualizzazione in genere viene calcolato un tasso espressivo del costo-opportunità dei mezzi propri, ad esempio il Ke (levered) calcolato con il modello denominato Capital Asset Pricing Model (C.a.p.m.). Ovviamente non deve trattarsi di una mera applicazione meccanica di tali formule, in quanto andrà comunque valutato se il tasso ottenuto sia effettivamente indicativo del rischio dell’impresa.

Se invece si desidera determinare empiricamente il tasso Ke, è consigliabile scomporlo in tre componenti:

– il “rendimento normale”: costituisce un tasso d’interesse “puro” (free risk), cioè il rendimento (netto da imposte) di investimenti finanziari a rischio nullo o molto basso (esempio: BTP), e con durata similare al numero di anni assunti per la rendita;

– quindi si aggiunge un “premio per il rischio”, che tenga conto sia del “rischio del settore” che del “rischio proprio dell’azienda”. Tale maggiorazione esprime il grado di rischio connesso all’attività imprenditoriale, tenuto conto delle condizioni dell’azienda, di quelle del settore in cui opera e di quelle generali del mercato;

– occorre, infine, valutare se neutralizzare, specie in periodi di inflazione significativa, il fenomeno inflattivo, qualora esso non sia già correttamente espresso dai tassi free risk adottati. In presenza di inflazione pienamente recuperata dalla redditività i Piv suggeriscono di esprimere in termine reali sia il reddito atteso che il tasso di attualizzazione (PIV III.I.31).

 

L’ORIZZONTE TEMPORALE

Da un punto di vista matematico-finanziario, il metodo reddituale consiste nel calcolo del valore attuale di una rendita perpetua, oppure di una rendita limitata ad un certo numero di anni.

La scelta dell’orizzonte temporale dipende da vari fattori. Rappresenta il numero di anni futuri durante i quali si ritiene che l’azienda riesca a riprodurre livelli reddituali almeno pari al reddito adottato nella valutazione.

In base ai PIV, l’arco temporale considerato è di regola illimitato, salvo aziende  meno consolidate o operanti in settore ad elevata variabilità (PIV III.I.31).

L’ipotesi di durata indefinita del reddito è anche quella che mostra maggior frequenza nella prassi. Peraltro, trascorsi un certo numero di anni, la differenza tra la rendita limitata a “n” anni ed il valore attuale della rendita perpetua diventa trascurabile.

 

INTEGRAZIONI FINALI
Alla valutazione finale vanno infine aggiunti elementi attivi e passivi non inclusi nelle stime reddituali, quali ad esempio il valore di eventuali beni non operativi presenti nel complesso aziendale da valutare.
In merito alle partecipazioni i PIV forniscono le seguenti indicazioni: a) qualora l’azienda da valutare detenga partecipazioni non di controllo, queste ultime devono essere valutate come entità separate, escludendole dalla valorizzazione reddituale; b) nel caso di partecipazioni di controllo è possibile valutare separatamente la partecipazione sulla base di un criterio reddituale (prospettiva della Holding) o, in presenza di forti interconnessioni economiche, effettuare una valutazione reddituale su basi consolidate (prospettiva del Gruppo), tenendo sempre conto delle quote spettanti a soggetti terzi (PIV III.I.31).

 

IL METODO “REDDITUALE UNLEVERED”

Si tratta di un’elaborazione del metodo reddituale in ottica Asset side, che quindi conduce all’Enterprise Value al quale poi verrà detratta la Posizione Finanziaria Netta per pervenire al valore dell’Equity.

Tale metodo individua il valore del capitale economico di un’azienda sulla base dei flussi di reddito “normalizzati” prodotti dalla gestione operativa, senza quindi considerare l’area finanziaria e straordinaria. In particolare, il valore del capitale economico di una azienda è pari:

1) alla somma del valore attuale dei flussi di reddito operativo “normalizzati” – al netto della fiscalità ad essi convenzionalmente attribuibili (N.o.p.a.t.) – prodotti dalla gestione nell’orizzonte temporale assunto;

2) meno l’indebitamento finanziario netto della società alla data di riferimento.

Il tasso di attualizzazione da assumere dovrà ovviamente esprimere il costo medio ponderato del capitale (w.a.c.c.). Anche in tale caso di frequente si procede al calcolo con il modello denominato Capital Asset Pricing Model (C.a.p.m.).

Per le imprese di piccole e medie dimensioni è bene considerare che:

  • l’Organismo Italiano di Contabilità, nel documento “Impairment e Avviamento”, dà atto che i parametri utilizzati per il calcolo del w.a.c.c. sono riferiti ad aziende quotate, e che in caso di aziende di piccole dimensioni è opportuno aggiungere un premio addizionale (additional risk premium);
  • con riferimento alle imprese non quotate, anche i Piv (PIV III.2.3) raccomandano l’introduzione di una maggiorazione al tasso di attualizzazione dei risultati attesi (firm size premium).

Ufficio Studi di Net Consulting srl

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Articolo: La rivalutazione delle quote con il metodo finanziario DCF