EBITDA E PFN A FINI VALUTATIVI E NEGOZIALI
PREMESSA
Il Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed Esperti contabili ha di recente rilasciato un documento di ricerca in tema di Ebitda e Posizione Finanziaria Netta (PFN).
Pur trattandosi di grandezze contabili tra le più importanti in ambito economico-finanziario, permangono numerosi dubbi in merito al loro calcolo ed uso.
La definizione e le modalità di determinazione di tali indicatori, specie a fini negoziali, sono soggette a costanti modifiche a seconda dei diversi casi di specie e dell’evoluzione della prassi professionale.
In tal senso il Documento fornisce un riepilogo degli orientamenti prevalenti in atto.
NOZIONE DI EBITDA
Come noto, l’Ebitda è una grandezza utilizzata:
A) come misuratore di performance economica, avente una elevata valenza informativa sia economica che finanziaria; se assunto in valore assoluto – trattandosi di una grandezza al lordo degli ammortamenti e dei costi non monetari in genere – è un’ottima approssimazione del flusso di cassa operativo aziendale, cioè della capacità della gestione di generare flussi di cassa idonei a far fronte ai fabbisogni finanziari; se, invece, rapportato ai Ricavi o al Valore della produzione (Ebidta margin) è un ottimo indicatore della redditività operativa aziendale;
B) quale elemento alla base della valutazione dell’impresa all’interno delle operazioni di Merger & Acquisition.
La definizione di Ebidta (acronimo di Earnings before interests taxes, depreciation and amortization) non è statuita da alcuno standard setter, e il Documento di ricerca illustra i principali criteri di calcolo riscontrabili nella prassi professionale – nei due ambiti di utilizzo sopra evidenziati – tenendo conto che l’uso di tale parametro risponde a logiche e obiettivi piuttosto diversi in ambito negoziale piuttosto che in qualità di misuratore della performance economica.
EBITDA QUALE MISURATORE DI PERFORMANCE ECONOMICA
In estrema sintesi, il calcolo dell’Ebidta si potrebbe semplificare in “Reddito operativo + ammortamenti + svalutazioni delle immobilizzazioni”.
Derivando il parametro dal bilancio civilistico:
Valore della produzione (A)
– Costi della produzione (B)
+ ammortamenti e svalutazioni (B10a, B10b, B10c)
In merito alle altre svalutazioni e accantonamenti, nella pratica aziendalistica si riscontra:
– la voce B10d Svalutazione crediti, viene in genere inclusa nella misurazione dell’Ebidta, anche per motivi di prudenza;
– le voci B12 Accantonamenti per rischi e B13 Altri accantonamenti, non vengono in genere escluse dal calcolo dell’Ebidta, in quanto considerate costi monetari differiti, e non costi non monetari.
Infine, viene precisato che in genere, anche per ragioni di praticità, non si procede a rettifiche dell’Ebidta con riferimento a poste quali gli Incrementi di immobilizzazioni per lavori interni e agli Altri ricavi (quote di Risconti passivi su contributi pubblici, ecc.).
EBITDA A FINI VALUTATIVI
In questo ambito viene utilizzato il concetto di “Ebitda normalizzato” (o “Ebitda adjusted” oppure “Ebitda underlying”), cui si perviene attraverso rettifiche volte a neutralizzare componenti di costo o ricavo ritenute anomale, inusuali e/o straordinarie e quindi non ricorrenti.
In estrema sintesi, l’”Ebitda normalizzato” è così determinato:
Ebitda come sopra calcolato
+ i costi di leasing finanziario (inclusi nella voce B8)
-/+ le rettifiche per le operazioni “non conformi al mercato” con le parti correlate
-/+ eventuali ricavi o costi inusuali e non ricorrenti.
I costi di leasing finanziario vengono esclusi dall’Ebidta per coerenza con la definizione di PFN (adjusted) che al suo interno contiene il debito residuo dei contratti di leasing finanziario.
Altre rettifiche possono riguardare:
– incrementi di immobilizzazioni per lavori interni, se la capitalizzazione è ricorrente e riferita soprattutto a fattori produttivi interni;
– altri ricavi: la quota periodica di risconto passivo su contributi pubblici;
– svalutazione crediti: va individuata la percentuale di ricavi normalmente non incassata;
– accantonamenti per rischi e altri accantonamenti: in genere la rettifica riguarda accantonamenti specifici e non ricorrenti.
Altre rettifiche potrebbero, infine, riguardare la mancata contabilizzazione di costi “normali” quali, ad esempio, compensi amministratori sotto o sovra stimati, o la mancata svalutazione delle rimanenze di magazzino.
In merito al Trattamento di Fine rapporto si segnala:
– l’Ebitda andrebbe sterilizzato (aumentandolo) in misura pari alla eventuale rivalutazione annuale del TFR, trattandosi di un costo relativo a un debito che ormai nella prassi è ormai considerato di natura finanziaria;
– per le imprese che procedono con l’accantonamento interno del TFR è necessario che vi sia coerenza con la configurazione della PFN; se quest’ultima include il Fondo TFR, allora l’Ebidta andrà sterilizzato dall’accantonamento annuo.
Le stesse considerazioni valgono in ordine al Fondo indennità suppletiva di clientela (Fisc).
NOZIONE DI POSIZIONE FINANZIARIA NETTA
Il Documento di ricerca si prefigge di pervenire ad una definizione di PFN partendo innanzitutto dal bilancio civilistico.
In tal senso, fanno parte del calcolo i debiti sicuramente di natura finanziaria – D1) obbligazioni, D2) obbligazioni convertibili, D3) debiti verso soci per finanziamenti, D4) debiti verso banche, D5) debiti verso altri finanziatori – ai quali possono essere aggiunti altri debiti di cui al D8) debiti rappresentati da titoli di credito, D9) debiti verso imprese controllate, D10) debiti verso imprese collegate, D11) debiti verso controllanti, D11-bis) debiti verso imprese sottoposte al controllo delle controllanti, D14) altri debiti, se dalla loro disamina emerga una natura finanziaria e non commerciale o corrente.
Controversa è la natura del Fondo TFR che, secondo l’orientamento prevalente, di matrice internazionale, è da includere nella PFN in quanto oggetto di rivalutazione annua. Stesse conclusioni per il Trattamento di Fine Mandato.
A tale posizione debitoria vanno poi tolte la Cassa (“C Attivo circolante IV Disponibilità Liquide.”) e le Attività assimilabili alla cassa, quest’ultime da ricercarsi nelle voci di bilancio “C) III. Attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni”, in particolare “6) altri titoli”, che potrebbero rappresentare attività prontamente trasformabili in cassa.
Si perviene quindi alla seguente formula:
PFN = Debiti finanziari (“interest bearing debt”) + Debiti assimilabili ai debiti finanziari (“debt like items”) + TFR e TFM – Cassa e disponibilità liquide (“cash”) – Attività assimilabili alla cassa (“cash equivalents”).
Il Documento esamina, inoltre, anche la definizione di PFN data dai principi contabili internazionali (IFRS) e da ESMA.
PFN A FINI VALUTATIVI
Il Documento si pone l’obiettivo di sintetizzare le principali rettifiche al calcolo della PFN riscontrabili nella prassi negoziale delle operazioni di M&A:
– debiti correnti scaduti: la PFN viene in genere incrementata dai debiti correnti scaduti da una certa data (comunemente concordata in 30 o 60 o 90 giorni), che potrebbero anche non essere stati pagati per incrementare il valore aziendale;
– pagamenti non effettuati di dividendi già deliberati;
– debiti infragruppo infruttiferi, aventi la consistenza di prestiti “ponte”;
– debiti e crediti fiscali dell’esercizio in corso: è prassi considerare una variazione rispettivamente in aumento e in diminuzione della posizione debitoria aziendale;
– debiti nei confronti di fornitori a fronte di spese per investimenti (“capex”);
– mancate svalutazioni di magazzino o svalutazioni di crediti;
– bonus/incentivi al management e ai dipendenti già deliberati ma non ancora pagati;
– perdite su strumenti derivati valutati a prezzi di mercato;
USO CONGIUNTO DI EBIDTA E PFN
E’ bene, infine, ricordare che i due indicatori in esame sono impiegati congiuntamente per il calcolo di uno dei più comuni indici di sostenibilità finanziaria: il rapporto PFN/Ebitda assume una significativa valenza per svariati utilizzi quali la misurazione del merito creditizio e l’attribuzione di un credit rating, l’analisi della performance finanziaria di periodo e la scrittura di specifiche clausole di disciplina finanziari nei contratti di finanziamento (c.d. covenants).
CONCLUSIONI
Il Documento ha il pregio di fornire un quadro esauriente sulle modalità di calcolo di Ebidta e PFN che si riscontrano nella prassi professionale, evidenziando anche i numerosi dubbi che comunque permangono.
Inoltre, nella parte conclusiva del Documento sono riportate alcune esemplificazioni pratiche al fine di un migliore comprensione dei concetti e degli intendimenti espressi.
Ufficio Studi di Net Consulting srl
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