L’INCIDENZA DEL COSTO DELLE MATERIE PRIME: IL CALCOLO CORRETTO

L’INCIDENZA DEL COSTO DELLE MATERIE PRIME: IL CALCOLO CORRETTO

L’incidenza del costo per materie prime, per aziende di produzione o anche per strutture commerciali (in tal caso parleremo di costo delle merci), rappresenta il primo, vero, elemento discriminante in termini economici per qualsiasi impresa. È ovvio che una azienda che ha una incidenza del costo per materie prime del 40% viene ad avere un potenziale vantaggio rispetto ad un competitor che invece ha una incidenza, ad esempio, del 48%.

È però necessario una precisazione: paragonare l’incidenza del costo per materie prime tra due imprese ha senso solo se queste:

  • servono la stessa nicchia di mercato;
  • hanno lo stesso grado di integrazione verticale.

Cosa si intende con grado di integrazione verticale? Una impresa di mobili che acquista e lavora fogli di truciolare o una impresa metalmeccanica che acquista e lavora fogli di lamiera ha certamente una incidenza di costo per materie prime più bassa rispetto ad imprese competitor che invece acquistano semilavorati da dover semplicemente assemblare, anche se certamente queste ultime avranno meno manodopera diretta in organico. In tal caso le prime imprese hanno un grado di integrazione verticale più elevato (si parlerà di integrazione totale) rispetto  alle seconde (per cui si parlerà di integrazione parziale). A scanso di equivoci si fa presente che, seppur i semilavorati abbiano un significato merceologico ben preciso, se questi ultimi sono acquistati, dal punto di vista contabile fanno parte della categoria delle materie prime. I termini contabili semi-lavorato e prodotto-finito, stanno a significare qualche cosa che è realizzato all’interno dello stabile, mentre tutto ciò che viene acquistato da un fornitore è senza dubbio “materia prima” o sottovarianti di essa (accessori, componenti, merci…), ma pur sempre materia prima. È solo il caso di precisare che, da un punto di vista industriale, la differenza tra materia prima e componentistica risiede nel fatto se ciò che viene acquistato deve poi essere lavorato sulle macchine utensili (in tal caso si parlerà di materia prima) e quindi ha un “consumo” con sfrido e scarto (le unità di misura potrebbero essere chilogrammi, metri quadri, metri cubi, metri lineari, litri…), oppure ha semplicemente un utilizzo diretto e quindi solo, magari, una componente di scarto da dover quantificare (in questo ultimo caso l’unità di misura è solitamente il numero di unità o di pezzi).

Fatte le necessarie premesse torniamo al nostro discorso, ossia come poter determinare in modo corretto l’incidenza del costo per materie prime.

Faremo un esempio ipotizzando due imprese che abbiano questi dati:

Azienda A Azienda B
Fatturato             1.500.000            1.500.000
Acquisti                650.000               650.000

Qualcuno potrebbe asserire che le due aziende hanno la stessa percentuale di incidenza per materie prime del 43,3%. Ma così facendo non si tengono in considerazione le rimanenze di magazzino iniziali e finali che potrebbero pregiudicare il calcolo. Quindi aggiungeremo un ulteriore tassello, supponendo che le rimanenze iniziali e finali per le due imprese siano così distribuite:

Azienda A Azienda B
Scorte iniziali                780.000               780.000
Scorte finali                850.000               850.000
   

In base alle cose dette, ancora una volta possiamo asserire che le due aziende sono paritetiche, avendo anche gli stessi volumi di rimanenze iniziali e finali.

Ora supponiamo che tali scorte siano però così suddivise:

Scorte iniziali Azienda A Azienda B
materie prime                250.000               250.000
prodotti finiti                150.000               150.000
semilavorati                380.000               380.000
          780.000           780.000
Scorte finali Azienda A Azienda B
materie prime                125.000               350.000
prodotti finiti                450.000               150.000
semilavorati                275.000               350.000
          850.000           850.000

 

A questo punto possiamo trarre le adeguate conclusioni.

Per prima cosa dovremo calcolare qual è il valore prodotto dalla fabbrica (valore lavorato), a fronte del quale l’impresa ha avuto un certo consumo di materiali. Non è stato volutamente utilizzato il termine Valore della produzione (descrizione che sarebbe stata più corretta nel contesto) al fine di evitare ambiguità con la stessa terminologia utilizzata nella riclassificazione del bilancio civilistico o in altri contesti.

Il valore lavorato è calcolabile sottraendo al fatturato le rimanenze iniziali di semilavorati e prodotti finiti, poiché evidentemente prodotte nell’esercizio precedente ed aggiungendo le rimanenze finali di semilavorati e finiti. Avremo questi valori:

Azienda A Azienda B
Fatturato             1.500.000            1.500.000
Rim Iniz Semilav                380.000               380.000
Rim Iniz Prod fin                150.000               150.000
Rim Finali Semilav                275.000               350.000
Rim Finali Prod fin                450.000               150.000
Valore lavorato        1.695.000        1.470.000

 

Potremo notare che, anche se le due imprese hanno avuto gli stessi fatturati, esse hanno però prodotto diversamente. È del tutto evidente di come l’azienda A abbia stoccato più articoli rispetto all’azienda B. Difatti A inizia l’esercizio avendo a magazzino 530.000 euro e chiude l’esercizio con 725.000 euro di prodotti. B, invece, inizia anch’essa con 530.000 euro di prodotti, ma ne chiude l’esercizio con 500.000. Quindi, evidentemente, per fare il fatturato di 1,5 milioni di euro, utilizza parte del magazzino dove non consuma materia prima. Esattamente il contrario di A, la quale invece produce nel corso dell’anno più di quanto venda, stoccando i prodotti a magazzino e quindi consumando più materia prima rispetto al venduto. Sintesi del discorso: A nel corso dell’anno vende 1,5 milioni di euro ma ne produce 1,695, mentre B vende sempre 1,5 milioni di euro ma ne produce 1,47.

Ora facciamo l’ultimo passaggio calcolando quanta materia prima è stata utilizzata (consumata) a fronte di questi due valori lavorati (1,695 mio euro e 1,47 mio euro). La materia prima consumata è calcolabile sottraendo all’acquisto di materie prime le scorte finali dato che, se sono rimaste a magazzino, evidentemente non sono state utilizzate, ed aggiungendo le rimanenze iniziali di materie prime. Avremo, per le due aziende:

Azienda A Azienda B
Acquisto Mat pr                650.000               650.000
Rim Finali Mat pr                125.000               350.000
Rim Iniz Mat pr                250.000               250.000
Consumo Materie prime           775.000           550.000

 

A questo punto possiamo mettere in relazione il consumo di materie prime sul valore lavorato dalle due imprese ed avremo:

Azienda A Azienda B
Consumo Mat pr                775.000               550.000
Valore lavorato             1.695.000            1.470.000
Consumo Materie prime% 45,7% 37,4%

 

È chiaro di come le due attività abbiamo incidenze di materie prime molto diverse tra loro: oltre otto punti percentuali. A parità qualitativa sui materiali acquistati (quindi si presuppone a parità di nicchia di mercato da servire) ed a parità di grado di integrazione verticale, è ovvio che l’impresa B è notevolmente in vantaggio rispetto ad A, dato che gli rimane un primo margine sull’immesso del 62,6% contro A, che resta con un primo margine di soli 54,3 punti percentuali. È ora evidente di come l’analisi iniziale che avrebbe messo in relazione acquistato su fatturato sia fuorviante, dato che avrebbe invece restituito percentuali perfettamente uguali.

Per strutture commerciali avremo invece una incidenza di merci calcolabile come Consumo Merci/Fatturato, non avendo tali canali di vendita magazzini di semilavorati e prodotti finiti ed il numeratore sarebbe calcolato alla stessa stregua del consumo materie prime.

Quindi è finita qui? È stato detto tutto? Purtroppo no.

Il vero problema risiede nel calcolo del valore lavorato. Difatti, in base a come abbiamo fatto i calcoli, si darebbe per scontato che l’incidenza per materia prima sia equivalente sia sui prodotti finiti che sui semilavorati, ma così non è. Ad esempio il valore di magazzino dei semilavorati potrebbe presupporre una incidenza di materia prima del 65%, mentre sui finiti tale incidenza potrebbe scendere al 40%. In tal caso la formula dovrebbe essere adattata, con una assegnazione di un peso diverso alle due classi merceologiche e questo implicherebbe una soggettività di calcolo. Oltre a ciò, in questi meccanismi vuoi o non vuoi si entra in un argomento piuttosto spigoloso, in quanto ciascuna azienda assegna i valori di semilavorati e prodotti finiti in modo diverso. È probabile che esistano delle imprese le quali, in mancanza di altri riferimenti, valorizzano il magazzino dei finiti assegnando a ciascun prodotto il relativo prezzo di vendita. A prescindere dal fatto che quando un prodotto finito giace a magazzino esso non ha un prezzo ma bensì un valore, ad esempio non avrà la parte di utile, non avrà la componente provvigionale, non avrà la componente trasporto… e così via, ma è lo stesso codice civile all’articolo 2426 che sancisce: “le rimanenze devono essere iscritte al costo d’acquisto per le merci e le materie prime, o al costo di produzione, se si tratta di prodotti finiti, semilavorati e prodotti in corso di lavorazione…”. Gli OIC13 hanno poi ulteriormente dettagliato le modalità di calcolo ma, di fatto, ciascuna impresa utilizza metodi propri, difficilmente generalizzabili e catalogabili. Anche le materie prime, le quali non dovrebbero essere oggetto di ambiguità dato che si tratta di valorizzarle a prezzo di acquisto, sono a volte sottoposte a criticità simili. Ad esempio nell’ultimo anno si è assistito ad un incremento costante e sostanziale dei prezzi di acquisto su materie prime un po’ su tutti i settori e quando si è trattato poi di valorizzare tali rimanenze ci si è posti il problema di assegnare il costo LIFO o medio ponderato. Naturalmente questi discorsi hanno valenza per le piccole e medie imprese che non utilizzano una contabilità di magazzino, ossia carichi e scarichi in tempo reale. In ogni caso il problema più serio, tuttavia, resta sempre quello di valorizzare le scorte di semilavorati e finiti, dato che tale meccanismo presuppone in modo imprescindibile:

  • la presenza di contabilità analitica (anche se in alternativa si può utilizzare un metodo molto più semplice, senza dover per forza di cose installare il modulo di analitica nel gestionale);
  • la creazione di distinte basi e cicli di lavoro;
  • l’assegnazione dei tempi di lavoro (standard);
  • ed infine una registrazione dell’avanzamento dei lavori tramite MES (Manufacturing Execution System).

Parlando proprio di questo ultimo aspetto, il contributo di Industria 4.0 ha sicuramente fatto la sua parte grazie all’implementazione di tale strumento di controllo, ma occorre prendere atto che molte imprese non hanno ancora le idee molto chiare su “come” utilizzare tutta questa mole di dati rilevati tramite MES. Infatti il contributo del MES può e deve avere una duplice valenza:

  • controllo dell’avanzamento delle commesse di lavoro, attività utilissima soprattutto per imprese che lavorano con l’MRP;
  • assegnazione del valore alle scorte di semilavorati e prodotti finiti, dopo ogni fase di lavorazione.

Il valore della scorta non sarà altro che la somma di materiali impiegati nella fase di lavoro e costo di valore aggiunto (o di trasformazione) sempre della fase di lavoro, a sua volta calcolabile tramite il prodotto aritmetico tra tempo di lavorazione e costo al minuto del reparto.

Per chiudere l’argomento possiamo dire che il rapporto consumo materiali e valore lavorato approssima in modo attendibile la percentuale del consumo di materie prime, ma l’argomento, in base alle cose dette, è certamente più complesso di quello che può apparire e richiederebbe analisi ben più approfondite.

Luciano Cipolletti – Consulente d’Impresa specializzato in Direzione ed Organizzazione d’impresa. Rete di Consulenti di Net Consulting srl

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Luciano Cipolletti è Autore dei software:

Master: gestione strategica dei prodotti e dei prezzi di vendita

Simulation: progettare i risanamenti aziendali

Mark up: calcolo dei corretti margini di ricarico

Job Activities: ridisegna il più efficiente organigramma

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