L’ANALISI AZIENDALE NELLE OPERAZIONI DI PRIVATE EQUITY

L’ANALISI AZIENDALE NELLE OPERAZIONI DI PRIVATE EQUITY

PREMESSA

Negli ultimi anni si sta registrando un notevole aumento di operazioni di Private Equity che interessano imprese italiane in fase di crescita o di riorganizzazione.

Oltre alle risorse finanziarie, spesso i fondi offrono anche competenze gestionali e supporto strategico, con benefici per la cultura imprenditoriale e manageriale.

Tenuto conto dell’importanza di tale strumento è fondamentale che le imprese e i loro consulenti posseggano le necessarie competenze per interagire con tali operatori, e abbiano consapevolezza delle informazioni che i fondi analizzano nella valutazione delle aziende in cui investire.

Le analisi svolte dagli investitori sono finalizzate a valutare sia il rendimento dell’investimento che il rischio ad esso correlato, e non si limitano al solo esame dei bilanci, ma riguardano anche agli aspetti strategici e competitivi.

E’ quindi necessario che l’impresa sia in grado di fornire informazioni chiare e tempestive.

In tal senso, il Cndcec e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno di recente pubblicato un documento intitolato “Qualità del bilancio e informazioni rilevanti per i fondi di Private equity”, con lo scopo di fornire un compendio tecnico-pratico alla stesura dell’informativa rilevante per la comunicazione dei dati dell’impresa ai fondi di private equity e ad investitori con profili affini.

 

ANALISI DEI FATTORI STRATEGICI E COMPETITIVI

Quale primo aspetto, l’investitore è interessato a capire i fattori che maggiormente influenzano la creazione di valore dell’azienda, e se gli stessi sono in grado di garantire un’adeguata redditività nel tempo.

L’analisi, quindi, riguarderà:

  • la mission, per comprendere i valori e gli obiettivi a lungo termine dell’azienda;
  • il business model, la capacità di sviluppare nuovi prodotti e servizi, la flessibilità e reattività ai cambiamenti in contesti dinamici;
  • l’esistenza o meno di una chiara strategia di crescita in termini di creazione di valore sostenibile;
  • i rischi intrinseci associati all’azienda, siano essi di mercato, operativi o macroeconomici, e l’esistenza di misure per la loro mitigazione;
  • capire se il settore di appartenenza è di tipo ciclico, anticiclico o resistente a eventuali recessioni;
  • il posizionamento dell’azienda e l’esistenza di un vantaggio competitivo, possibilmente sostenibile;
  • la capacità produttiva e il potenziale di espansione della quota di mercato aziendale.

Superata questa fase, e raccolto un adeguato set informativo, si passa all’analisi della redditività e del ritorno dell’investimento.

 

QUALITA’ DEL BILANCIO

Preliminarmente all’analisi dei bilanci storico-previsionali è necessario validare l’affidabilità delle informazioni in essi contenute, individuando, ad esempio, l’eventuale esistenza di attività sovrastimate o passività sottostimate.

Esistono tecniche che consentono  di valutare il grado di affidabilità dei bilanci. Le più usate sono l’Approccio di Penman e lo Score di Beneish.

Il primo mette a confronto alcuni valori del bilancio per comprenderne le variazioni tra i diversi esercizi e individuare probabili alterazioni o errori di valutazione.

Lo score di Beneish è, invece, un modello statistico che calcola il profilo di rischio del bilancio dal punto di vista dell’attendibilità e della presenza di eventuali errori.

Entrambi sono descritti dettagliatamente nel citato Documento del Cndcec.

Inoltre, tenuto conto dell’importanza che l’Ebitda riveste in sede di valutazione dell’azienda, è opportuno fornire all’investitore quello che nella prassi internazionale è denominato l’“Ebitda adjusted”, cui si perviene attraverso rettifiche volte a neutralizzare componenti di costo o ricavo ritenute anomale, distorsive, inusuali e/o straordinarie e quindi non ricorrenti.

 

ANALISI DEI FATTORI ECONOMICO-FINANZIARI

Gli investitori analizzano l’impresa sotto ogni profilo economico, patrimoniale e finanziario, interpretando le performance aziendali anche attraverso il confronto con i principali benchmark di riferimento.

Argomenti di interesse sono, ad esempio:

  • l’analisi della struttura finanziaria dell’impresa, vale a dire il mix tra debito e capitale proprio, in quanto esprime il livello di rischio finanziario assunto dall’azienda;
  • la dinamica dell’autofinanziamento, specie quello derivante dall’attività operativa. La generazione di free cash flow positivi è necessaria sia per sostenere, almeno in parte, gli investimenti nello sviluppo, sia per il pagamento di dividendi;
  • la valutazione delle variabili che influenzano il Discounted Cash Flow (DCF), metodo di valutazione largamente utilizzato nelle operazioni di M&A in argomento. In particolare attraverso opportuni stress test viene valutato l’impatto che eventuali variazioni nelle ipotesi di crescita hanno sui flussi di cassa attesi;
  • un’approfondita analisi dell’EBITDA e dell’EBIT, sia in termini di redditività aziendale, sia in relazione al loro impiego nella valutazione dell’azienda attraverso il metodo dei multipli.

Un adeguato set di indici dovrebbe per lo meno comprendere:

  • ROE (Utile netto/Patrimonio netto medio): gli investitori tendono a preferire società che presentano un ROE superiore alla somma del Free Risk Rate e di un adeguato Premio al Rischio;
  • Return On Invested Capital [EBIT x (1-tax) / (Debiti finanziari a lungo termine + Equity – Liquidità)]: il valore ideale del ROIC dovrebbe essere superiore al costo medio ponderato del capitale (WACC);
  • Tasso di profitto netto (Utile netto/Ricavi): possibilmente superiore alla media di settore;
  • EBITDA/RICAVI e EBIT/RICAVI: fondamentali indicatori della redditività operativa aziendale;
  • Tasso di crescita dei ricavi: è il principale motore del rendimento aziendale;
  • SG&A/M.d.c.: è il rapporto tra spese commerciali, generali e amministrative (SG&A) rispetto al Margine di Contribuzione; dovrebbe non essere troppo alto, e calare con la crescita aziendale;
  • Debt to Equity Ratio (Posizione finanziaria Netta/ Patrimonio netto): valori alti aumentano il rischio, e valori troppo bassi appesantiscono il costo del capitale;
  • PFN/EBIDTA: risultano appetibili le società in cui questo rapporto è discretamente contenuto;
  • Free Cash Flow Ratio (Free Cash Flow/Ricavi): rappresenta la percentuale di vendite che si trasforma in free cash flow, e indica la capacità di finanziare operazioni future o di restituzione di valore agli azionisti.

 

CONCLUSIONI

Negli ultimi anni i fondi di Private equity hanno dimostrato interesse anche per aziende di dimensioni più contenute, le quali non sempre dispongono di informazioni affidabili e costantemente aggiornate.

Solo attraverso un’informativa di bilancio accurata, dettagliata e attendibile è possibile instaurare un rapporto di fiducia con gli investitori, e ottenere i finanziamenti necessari per la crescita e lo sviluppo dell’impresa.

Il set informativo deve offrire una visione chiara e dettagliata dei risultati economico-finanziari raggiunti e delle prospettive future dell’azienda. Quindi non deve  basarsi solo sui dati finanziari storici, ma anche su proiezioni future basate su scenari realistici.

In genere è opportuno che l’impresa si affidi a professionisti o advisor specializzati.

Ufficio Studi di Net Consulting srl

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Strumenti per l’Analisi finanziaria di bilancio:

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